venerdì 6 ottobre 2017

Pudding di panettone e mele

pudding


Tempo di preparazione: 30 minuti
Tempo di cottura: 45 minuti

Ingredienti per 4 persone
2 mele golden
220 gr di panettone
rum
scorza di un limone
300 ml di latte fresco
100 ml di panna fresca liquida
4 uova
40 gr di zucchero di canna
1 noce di burro

Procedimento
Tagliare il panettone a fette spesse 2 cm e sistemarle sul fondo di una pirofila precedentamente imburrata. Bagnarle con il rum e posizionarvi sopra le mele sbucciate e tagliate a fette. Portare a bollore il latte e la panna con la buccia del limone. In una ciotola sbattere le uova con lo zucchero e unirvi poco alla volta il latte e la panna caldi. Versare il composto ottenuto sopra al panettone e mele. Infornare a 160° per 40 minuti. Sfornare, lasciar raffreddare e servire il pudding freddo.

Fonte: QUI

lunedì 25 settembre 2017

Cucina mediterranea


ricettemediterraneo


Risotto con pomodorini al forno

Tempo di preparazione:10 minuti
Cottura in forno: 30 minuti (a 200°)
Cottura sul fuoco: 45 minuti
Tempo totale: 85 minuti

Ingredienti per 4 persone:

•    circa 500 g di pomodorini freschi 
•    50 ml di olio d’oliva 
•    1 cucchiaino di zucchero
•    4 tazze di brodo vegetale
•    1 cipolla tritata
•    500 g di riso Carnaroli
•    125 g di parmigiano grattugiato 
•    basilico fresco quanto basta
•    sale e pepe quanto basta

Come si procede
•    Disporre i pomodori in una teglia e condire con 2 cucchiai d’olio d'oliva.
•    Aggiungere sale, pepe e zucchero e cuocere per 30 minuti in un 
forno preriscaldato. 
•    In una casseruola, scaldare a fuoco basso il brodo insieme al vino.
•    In una casseruola più grande soffriggere per circa 1 minuto la cipolla nell’olio rimanente.
•    Aggiungere il riso e farlo tostare, mescolando per qualche minuto. 
•    Aggiungere una tazza del brodo unito al vino e mescolare il riso fino a quando il riso non avrà assorbito tutto il liquido.
•    Aggiungere ancora brodo e vino e continuare a cuocere, mescolando di tanto, fino a quando il riso non sarà diventato tenero.
•    Togliere dal fuoco, aggiungere 2/3 del parmigiano e condire con sale e 
pepe. 
•    Aggiungere i pomodorini cotti al forno, lasciandone una parte per la guarnizione.
•    Guarnire con i pomodori, il parmigiano rimanente e alcune foglie di basilico fresco.
•    Servire caldo.


Gazpacho

Tempo di preparazione:25 minuti

Ingredienti per 4 persone:

•    600 g di pomodori 
•    1/2 peperone rosso
•    1/2  cipolla rossa
•     ½ cetriolo
•    1 spicchio d’aglio
•    olio di oliva, sale,  pepe e aceto bianco quanto basta


Come si procede

•    Tagliare grossolanamente i pomodori, il peperone, la cipolla, il cetriolo e l’aglio. 
•    Frullare tutto insieme e aggiungere 1 cucchiaio di olio d’oliva e 4 cucchiai di aceto. 
•    Se il composto risulta troppo denso, diluire con un poco d’acqua.
•    Condire con olio e sale e lasciare raffreddare in frigo prima di servire.
•    A piacere si possono aggiungere yogurt greco, qualche foglia di basilico e granelli di pepe nero.

Fonte: QUI

sabato 16 settembre 2017

Tagliatelle con farina di marroni di Segni e ragù bianco

tagliatelle


Ingredienti per 5 persone

4 uova medie
160 gr di farina di marroni di Segni
240* gr di farina 00
1 presa di fior di sale

Per il ragù:
140 gr di petto di pollo
280 gr di pancetta fresca suina
120 gr di pancetta secca suina
8 prugne secche denocciolate
olio evo
40 gr di pinoli
sale
pepe nero
*La quantità della farina 00 dipenderà molto dalla dimensione delle uova e dall'umidità della farina di castagne che solitamente viene indicata sulla confezione.

Procedimento
Setacciare le farine su una spianatoia e unirvi un pizzico di sale. Fare la fontana rompervi le uova al centro e sbatterle con una forchetta. Impastare velocemente fino ad ottenere un composto omogeneo. Stendere la sfoglia con un matterello e con un coltello affilato ricavarne delle tagliatelle.
In un padellino antiaderente caldo far tostare i pinoli per alcuni secondi o finché non siano dorati ed emanino un odore di resina. Tenere da parte. Nella stessa padella far rosolare la pancetta secca, precedentemente ridotta a striscioline, sino a renderla croccante. Tenere al caldo. Macinare il petto di pollo e la pancetta fresca. Ridurre le prugne a piccoli pezzi.
In una capiente padella far scaldare poco olio evo e farvi rosolare la pancetta e il petto di pollo macinati. In seguito unire le prugne ridotte a pezzi, salare e pepare. Portare a bollore l’acqua, salare, versare le tagliatelle e farle cuocere per 1-2 minuti. Unire un mestolo di acqua di cottura della pasta in padella con il ragù.
Scolare la pasta e farla saltare nella padella con il condimento.
Servire nei piatti completando con la pancetta croccante e i pinoli tostati.
3
Voi godetevi questo primo. Per pulire le stoviglie sarà sufficiente una cap di Fairy!

Fonte: QUI

domenica 3 settembre 2017

Riparare i viventi




Va’ dove ti porta il cuore. Dal romanzo di Maylis de Kerangal al film di Katell Quillévéré, un cuore, e due persone: un vivo che è già morto, una viva che potrebbe essere presto morta.

Il titolo, di libro e film, è splendido: Riparare i viventi, che solo apparentemente pretende di mettere una pezza o un pezzo di ricambio a noi umani, al contrario, dall’espianto al trapianto sottende una teoria di interrogativi medici, etici, persino filosofici. Il 19enne Simon (Gabin Verdet) aveva tutto, joie de vivre, una bella ragazza e il surf per passione: un incidente lo relega alla morte cerebrale in un ospedale di Le Havre; la 50enne parigina Claire (Anne Dorval) aspetta un altro cuore.

Girato con pulizia e ariosità, ben interpretato – peccato solo per il botox di Emmanuelle Seigner e forse pure di Anne Dorval… – e ben intrecciato drammaturgicamente, è un dramma empatico e confortante, buono senza buonismi: tra il dare e l’avere, andare e ricominciare, sceglie la vita senza eludere la morte, né l’ingiustizia del fato.

Simon era giovane, bello e figo, Claire è difficile, persino scontrosa: che cosa succede quando un cuore passa da un corpo all’altro? Che cosa accade quando un film ti prende il polso?

Fonte: QUI

domenica 27 agosto 2017

Mattonella di bavarese al formaggio bianco


INGREDIENTI PREPARAZIONE
panna fresca 400 gr
zucchero semolato 145 gr
formaggio fresco tipo quark 125 gr
ricotta 120 gr
farina più un po' per lo stampo 110 gr
cioccolato fondente 100 gr
mascarpone 80 gr
zucchero a velo 30 gr
gelatina in fogli 12 gr
uova 2 -
sale -
burro -
liquore grand marnier o altro a piacere -
Per la ricetta della mattonella di bavarese al formaggio bianco, montate a lungo le uova con 75 g di zucchero semolato e un pizzico di sale, finché non diventano soffici e spumose, poi incorporatevi delicatamente la farina (pasta biscotto). Disegnate sulla carta da forno 2 rettangoli uguali al fondo di uno stampo a cassetta (22,5×8,5 cm); stendete il foglio su una teglia, con la scritta verso il fondo, in modo che non vada a contatto con il cibo; imburrate e infarinate la carta. Raccogliete la pasta biscotto in una tasca da pasticciere, poi distribuitela nei rettangoli a uno spessore di circa 2 cm. Infornate a 180 °C per 12′.

Sfornate i biscotti e lasciateli raffreddare. Ammollate la gelatina in acqua. Amalgamate la ricotta con il mascarpone, il formaggio, 70 g di zucchero semolato, mescolando finché lo zucchero non si sarà sciolto e il composto non sarà omogeneo e liscio. Montate la panna con lo zucchero a velo. Fondete il cioccolato. Strizzate la gelatina, poi scioglietela scaldandola appena in una pentolina con un cucchiaio di liquore. Unite la gelatina nel composto di formaggio e mescolate con una frusta, poi incorporate anche la panna montata (bavarese).

Versate uno strato di bavarese nello stampo, poi colatevi un po’ di cioccolato fuso con una spatolina, in modo da ottenere una variegatura, quindi aggiungete un altro strato di bavarese. Adagiate sopra la bavarese un biscotto, rifilato e spruzzato di liquore. Proseguite con un altro strato di bavarese, cioccolato, ancora bavarese, cioccolato e chiudete con l’altro biscotto, spruzzato di liquore sul lato che va a contatto con la bavarese. Coprite la mattonella con la pellicola e lasciatela raffreddare in frigo per almeno 6 ore. Infine sformatela e decoratela a piacere con ovetti, petali di rosa e cioccolato fuso.

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venerdì 18 agosto 2017

Soufflé moretto con lamponi


INGREDIENTI PREPARAZIONE
latte 150 gr
lamponi 125 gr
cioccolato fondente al sale 100 gr
burro più un po' 40 gr
farina 30 gr
albumi 5 -
tuorli 4 -
zucchero -
cognac -
sale -
Per la ricetta dei soufflé moretto con lamponi, schiacciate i lamponi con 50 g di zucchero e lasciateli macerare per 1 ora. Poi distribuiteli sul fondo di 4 stampini (ø 8 cm, h 5 cm) imburrati e spolverizzati di zucchero. Fondete a bagnomaria il cioccolato fondente al sale.

Mescolate la farina e la maizena e intridetele con il burro morbido; unite il composto nel latte caldo e mescolate velocemente con la frusta in modo che non si formino grumi. Portatelo sul fuoco per un paio di minuti, finché non comincia a rapprendersi.

Togliete dal fuoco e unite i tuorli, un cucchiaio di Cognac e il cioccolato fuso. Mescolate con la frusta e fate raffreddare il composto per 30′ circa. Montate gli albumi a neve con un pizzico di sale e 3 cucchiai di zucchero e incorporateli al composto. Versatelo nei 4 stampini e infornateli a 180 °C per 30′. Sfornate i soufflé e serviteli immediatamente, decorando a piacere con lamponi freschi.

Fonte: QUI

lunedì 7 agosto 2017

Austerlitz



Nacht und Nebel. Notte e nebbia. L’operazione di annientamento attraverso l’internamento nei campi di concentramento diede anche il titolo al memorabile documentario che Alain Resnais realizzò nel 1956. Che cosa è rimasto da raccontare, anche cinematograficamente parlando, 60 anni dopo quell’incredibile sguardo sull’Olocausto?

Sergei Loznitsa è un cineasta che proprio intorno alla struttura dello sguardo cinematografico continua a regalare opere di straordinaria potenza: a parte le parentesi di “finzione” con My Joy e In the Fog (oltre all’episodio Reflexions per il collettivo I ponti di Sarajevo), con Maidan (2014) e The Event (2015) filmò rispettivamente la recente rivoluzione ucraina e ci riportò ai giorni del golpe russo del 1991. Questa volta, partendo probabilmente da altre premesse (il titolo, Austerlitz, si rifà volutamente all’omonimo di W.G. Sebald, ed. Adelphi), si è ritrovato ad osservare come lo sguardo del presente finisca per rimanere indifferente di fronte alle tragedie della Storia.

Sì, perché se è vero che il professore di architettura che dava il cognome al titolo dell’opera di Sebald studiava quegli edifici che, “soprattutto nell’Ottocento, tendevano ad assumere forme involontariamente visionarie, sovraccarichi com’erano di significati simbolici”, Loznitsa finisce invece per immortalare – attraverso l’utilizzo della camera fissa – lo svuotamento di senso che, ai giorni nostri, caratterizza un luogo come il campo di concentramento. Che nel corso dei decenni si è trasformato da custode di indicibili orrori a meta turistica di massa: ARBEIT MACHT FREI, allora, diventa l’equivalente di un BENVENUTI A DISNEYLAND, “cartello” di fronte al quale scattarsi foto ricordo in mezzo al continuo via vai di visitatori, dove il rumore del passaggio, il chiacchiericcio della quotidianità, inquinano il silenzio della memoria.

Dapprima quasi appostata (timidamente) dietro al fogliame di un albero, la macchina da presa di Loznitsa non interferisce in nessun modo con la giornata tipo di questi luoghi “della memoria”, come a Sachsenhausen (che su TripAdvisor ha 4 stelle e mezza…), ma ne porta in superficie la tragica contraddizione: famiglie con bimbi (o cani) nel passeggino, adolescenti con magliette a dir poco antitetiche (“Cool Story Bro!”…), adulti con magliette profetiche (“Jurassic Park”…), smartphone e dispositivi per l’audioguida che si confondono alla vista, guide che con disinvoltura passano dal racconto dettagliato della morte sotto le “docce” o nei forni crematori al “se ci sbrighiamo abbiamo più tempo per mangiare”, gli orrori della storia diventano un qualcosa da immortalare per poter dire “Io c’ero! (per fortuna dopo…)”, condividendone magari sui vari social anche il lato “sdrammatizzante” (il tizio che si fa fotografare assumendo l’ipotetica posa di chi, all’epoca, veniva torturato dai nazisti).

“L’idea di fare questo film mi è venuta perché visitando questi luoghi ho sentito subito una sensazione sgradevole nel mio essere lì. Sentivo, come dire, che la mia presenza non fosse etica in posti simili”, spiega Loznitsa, che avrebbe voluto capire attraverso il “volto delle persone come ciò che guardavano si riflettesse sul loro stato d’animo. Ma non nascondo di esserne rimasto abbastanza perplesso”.

L’immagine etica e quella superflua: è anche, forse soprattutto, un film che vuole ragionare su questo aspetto, Austerlitz: quel che è certo, è che Loznitsa ci ricorda quanto il nostro rapportarci alla Storia, il modo in cui assimiliamo, “capiamo”, sia ormai viziato e massivamente distante da qualsiasi tentativo di riflessione.  E, per farlo, lascia parlare le inquadrature fisse, che rimangono libere nello spazio incidentalmente occupato dall'”uomo”.
Un film importantissimo, tra i più lucidi e al tempo stesso devastanti sulla tragedia della Shoah.

Fonte: QUI

mercoledì 26 luglio 2017

Semifreddo ai tre cioccolati


INGREDIENTI PREPARAZIONE
panna fresca 350 gr
zucchero 170 gr
cioccolato gianduia 100 gr
cioccolato fondente a l 90% 100 gr
cioccolato bianco 100 gr
yogurt greco 80 gr
albumi 50 gr
tuorli 3 -
grand marnier -
Per la ricetta del semifreddo ai tre cioccolati, fondete separatamente a bagnomaria: il cioccolato gianduia con 50 g di panna; il cioccolato fondente al 90% con 2 cucchiai di Grand Marnier e 100 g di panna; il cioccolato bianco con lo yogurt greco. Raccogliete i tuorli in una ciotola. Montate gli albumi a neve ben ferma con 50 g di zucchero. A parte montate 200 g di panna. Cuocete 120 g di zucchero con 80 g di acqua fino alla temperatura di 118 °C, poi unitelo a filo ai tuorli montando con le fruste fino a quando il composto non si sarà raffreddato; aggiungete infine la panna e gli albumi montati (composto).

Dividete il composto in 3 parti, incorporandolo delicatamente ai 3 cioccolati precedentemente fusi. Versate sul fondo di 2 stampi a sezione triangolare foderati di carta da forno (triangolo isoscele: lato 8 cm, altezza 6 cm, lunghezza 28 cm) il composto al cioccolato bianco.

Mettete in freezer per 10′, poi, con un cucchiaio distribuitevi sopra una striscia di gianduia, per tutta la lunghezza dello stampo e, affiancata, un’altra striscia di composto di fondente. Per facilitare l’operazione usate una tasca da pasticciere munita di una grossa bocchetta liscia. Lasciate riposare in freezer per 3 ore prima di servire.

Fonte: QUI

sabato 15 luglio 2017

Les Ogres




Forse solo in Francia è possibile concepire e realizzare un film in cui acceso vitalismo e malinconia esistenziale, joie de vivre e mal de vivre, passione e miseria siano a tal punto interconnessi da generare un amalgama omogeneo in cui tutti gli elementi non sussistono di per sé ma solo in relazione con gli altri. A ogni modo è ciò che accade in Les Ogres, scritto e diretto dalla giovane regista Léa Fehner, vincitore del Premio del Pubblico alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro.

Partendo da suggestioni autobiografiche, la giovane regista francese narra le peripezie di una compagnia teatrale che gira da un angolo all’altro della Francia per mettere in scena uno spettacolo di Čechov. La vita di per sé già irregolare degli attori, che vivono un po’ come una famiglia allargata dove ognuno sa tutto di tutti, subisce nuovi scossoni con l’arrivo dell’ex amante del regista, che scatena vecchi rancori e porta a galla rimorsi mai sopiti. A tutto questo, si aggiungono la gravidanza di una giovane attrice e i turbamenti esistenziali del primo attore, padre del nascituro. La tournée diviene dunque occasione privilegiata per un rimescolamento delle carte, per tracciare il bilancio di una vita bizzarra riempita dalle mille sfaccettature del teatro, punto di non ritorno per un nuovo inizio, con i suoi addii e le sue affascinanti novità.

I referenti possono essere tanti, dal Fellini de La Strada e di 8 e ½, al Truffaut corale di Effetto Notte, al Peter Bogdanovich dello spassosissimo Rumori fuori scena, ma in realtà la Fehner dimostra già uno sguardo personale, sicuro, corroborato da uno stile immediato e asciutto che aderisce ai volti degli attori senza dimenticare il contesto. Anche un bell’esempio di come si possa, infine, rendere omaggio al teatro e riflettere su di esso tramite il cinema senza rinunciare ai mezzi che del cinema sono propri. Due ore e venti sono oggettivamente lunghe – si poteva tagliare qualcosa, – ma questi Orchi d’Oltralpe, malinconici, rissosi, immusoniti, irrimediabilmente “francesi” ed eterni gitani della vita, sono la migliore testimonianza di come si possa, ancora e soprattutto oggi, coniugare le ragioni dell’arte (e della riflessione sull’arte) con quelle dell’intrattenimento intelligente, secondo la lezione migliore della Nouvelle Vague.

Fonte: QUI

lunedì 3 luglio 2017

Hot cross buns, per il Venerdì Santo


INGREDIENTI PREPARAZIONE
farina manitoba 500 gr
latte più un po' 180 gr
zucchero a velo 60 gr
zucchero di canna 50 gr
burro più un po' 50 gr
uvetta 50 gr
zucchero in granella 15 gr
zucchero semolato 10 gr
lievito di birra secco 7 gr
uova 2 -
un tuorlo -
un cucchiaino di cannella -
un chiodo di garofano pestato -
un limone -
una arancia -
un izzico di noce moscata -
sale -
Per la ricetta degli hot cross buns, per il Venerdì Santo, amalgamate la farina con lo zucchero di canna, semolato e in granella, le spezie, la scorza grattugiata di mezza arancia e di mezzo limone.

Versate nella farina il latte intiepidito nel quale avete sciolto il lievito. Unite le 2 uova, un pizzico di sale e il burro ammorbidito. Incominciate a lavorare l’impasto e, quando è già ben amalgamato, aggiungete anche l’uvetta. Lasciate lievitare l’impasto per 2 ore, finché non raddoppia di volume.

Dividete l’impasto in 12 parti uguali, fatene altrettante palline e lasciatele lievitare poggiate su un vassoio, coperte con un panno, per altri 30′.

Spennellate in superficie i panini con un tuorlo battuto con un po’ di latte, poi fate una croce incidendo leggermente la superficie dei panini con un coltello imburrato. Infornateli a 200 °C per 15′, abbassate a 180 °C e cuocete per altri 5′.

Sciogliete 60 g di zucchero a velo in un cucchiaio di latte, ottenendo una glassa consistente; disponetela con una tasca da pasticciere sopra le croci, lasciatela asciugare per 30-40′ e servite.

Fonte: QUI

lunedì 26 giugno 2017

Tacchino, crema di fagioli verdi e scalogno all’aceto


INGREDIENTI PREPARAZIONE
tranci di fesa di tacchin 4 -
fagioli verdi secchi 100 gr
scalogni 100 gr
olio extravergine di oliva 100 gr
aceto di vino rosso 20 gr
zucchero 10 gr
rafano fresco 8 gr
sale -
pepe -
Per la ricetta del tacchino, crema di fagioli verdi e scalogno all’aceto, ammollate i fagioli in acqua per 12 ore. Sciacquateli e lessateli in acqua per 40′. Affettate gli scalogni, stufateli in una casseruola con 10 g di olio e un pizzico di sale per 3-4′, unite lo zucchero, mescolate e cuocete per altri 3′, infine unite l’aceto e spegnete dopo altri 2-3′.

Scolate i fagioli, frullateli con 30 g di olio, 2 pizzichi di sale, pepe e un mestolo di acqua, fino a ottenere una crema. Grigliate il tacchino appena unto di olio per 5′ da un lato e 2′ dall’altro. Servite la carne con la crema, lo scalogno, completando con rafano grattugia

Fonte: QUI

venerdì 16 giugno 2017

Gnocchi di semolino e ceci con ragù di agnello


INGREDIENTI PREPARAZIONE
latte parzialmente scremato 500 gr
carne trita di agnello 300 gr
semolino 100 gr
cipolla rossa 100 gr
vino rosso 100 gr
grana 40 gr
olio extravergine di oliva 30 gr
farina di ceci 20 gr
timo -
sale -
noce moscata -
Per la ricetta degli gnocchi di semolino e ceci con ragù di agnello, rosolate la carne in una padella con 20 g di olio e la cipolla tritata per 3-4′, sfumate con il vino, bagnate con un mestolo di acqua e profumate con un rametto di timo. Coprite e cuocete per circa 1 ora, unendo ogni tanto un po’ di acqua (ragù). Scaldate il latte con un pizzico di sale.

Al bollore, versate le farine mescolando; cuocete per 2-3′, ottenendo una polentina. Aggiungete, fuori dal fuoco, il grana grattugiato e un pizzico di noce moscata; versate la polentina su un foglio di pellicola e chiudetelo a salame. Lasciatela in frigo per 30′; tagliatela a fette (gnocchi). Ungete di olio gli gnocchi e arrostiteli in padella. Serviteli con il ragù e timo.

Fonte:QUI

lunedì 5 giugno 2017

Fagottino al caprino e sauté di gamberi


INGREDIENTI PREPARAZIONE
vino bianco 200 gr
code di gambero sgusciate 160 gr
caprino 160 gr
scalogni 4 -
uova grandi 2 -
erba cipollina -
dragoncello -
prezzemolo -
limone -
olio extravergine di oliva -
sale -
pepe -
Per la ricetta del fagottino al caprino e sauté di gamberi, battete le uova con un pizzico di sale e preparate 4 frittatine sottili in una padella antiaderente (ø 18 cm) leggermente unta. Lavorate il caprino con una cucchiaiata delletre erbe tritate fi nemente, un cucchiaio di olio, sale e pepe. Mettete al centro di ogni frittatina una cucchiaiata di caprino lavorato, chiudete a fagottino legando con un filo di erba cipollina. Tagliate a metà per il lungo le code di gambero e saltatele in padella con un velo di olio per pochi secondi.

Toglietele dalla padella e nella stessa aggiungete ancora un fi lo di olio, gli scalogni tritati fini e fateli rosolare dolcemente; bagnate quindi con il vinobianco, lasciatelo sfumare e restringere, poi unite una grattugiata di scorza di limone.Salate, pepate e rimettete i gamberi in padella, insaporendoli brevemente in questocondimento. Servite i fagottini con il sauté di gamberi.

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venerdì 26 maggio 2017

Sfogliatina con yogurt e fragole


INGREDIENTI PREPARAZIONE
yogurt greco 340 gr
pasta sfoglia 280 gr
fragole 250 gr
mandorle a lamelle 15 gr
zucchero a velo vanigliato -
limone -
Per la ricetta della sfogliatina con yogurt e fragole, ritagliate dalla pasta sfoglia 4 dischi di circa 12 cm di diametro e bucherellateli al centro. Cospargeteli di mandorle, spennellateli di acqua e spolverizzateli di zucchero a velo. Appoggiateli ben distanziati su una placca coperta di carta da forno e infornateli a 200 °C per 10′.

Sfornate i dischi di sfoglia e schiacciateli delicatamente in centro: il bordo risulterà più alto, formando una specie di tartelletta. Tagliate le fragole a spicchi. Lavorate lo yogurt con 30 g di zucchero a velo, la scorza finemente grattugiata di mezzo limone e alcune gocce di succo. Distribuite al centro di ogni sfogliatina un quarto dello yogurt e completate con le fragole a spicchi.

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giovedì 18 maggio 2017

Sgombri con fave


INGREDIENTI PREPARAZIONE
filetti di sgombro 480 gr
fave fresche sgranate 100 gr
olio extravergine di oliva 60 gr
basilico -
aglio -
peperoncino -
sale -
pepe in grani -
Per la ricetta degli sgombri al vapore con fave, scottate le fave e sbucciatele. Tagliate a fi lettini una decina di foglie di basilico e mettetele in infusione nell’olio con un pizzico di sale, una macinata di pepe, un pezzettodi peperoncino tritato, uno spicchio di aglio schiacciato e le fave. Lasciate in infusione almeno mezz’ora, poi eliminate l’aglio. Cuocete a vapore i filetti di sgombro, tagliati in due, e serviteli conditi con l’olio alle fave.

Gli sgombri sono ricchissimi di omega 3, che li rende particolarmente indicati nelle diete cardioprotettive. La cottura al vapore esalta al massimole loro prerogative che qui si sposano a quelle delle fave, ricche di fibra e proteine vegetali. Dato l’apporto calorico signifi cativo di questo piatto, lo si potrebbe far precedereda un leggero minestrone di verdura.

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domenica 7 maggio 2017

Split

Split: la recensione del thriller di M. Night Shyamalan


Casey (Anya Taylor-Joy), Clare e Marcia, all'uscita da una festa, vengono rapite da un misterioso inviduo (James McAvoy). La loro situazione è peggiore del previsto: l'uomo soffre di disturbo di personalità multipla, anzi è un caso da manuale, studiato dalla dottoressa Fletcher (Betty Buckley), perché dentro di lui convivono oltre venti personalità differenti. Sarà possibile salvarsi facendo appello ad almeno una di esse?
Dopo lo humor nerissimo low budget dell'horror The Visit, M. Night Shyamalan aggiunge con Split un altro tassello alla sua resurrezione presso pubblico e critica, ancora una volta spalleggiato dalla filosofia pauperistica del producer Jason Blum: una troupe di quasi esordienti a basso costo serve l'autore di Il sesto senso e Unbreakable, sostenuto dall'unico elemento che possa ricordare un passato presso le major, cioè un attore mainstream come McAvoy.
Un McAvoy straordinario, peraltro, pronto ad accogliere la delirante sfida di un personaggio che fa sembrare Norman Bates una persona equilibrata. Come accade di consueto in un lungometraggio dell'autore, non tutto però risponde alle regole strette del genere: i confronti quasi materni tra l'uomo e la psichiatra non seguono l' (efficace) angoscia paranoica da thriller del resto del film, ma fanno venire a galla un'umanità tragicamente tenera che nei lavori di Shyamalan in realtà è sempre esistita. E che l'essenzialità di questa messa in scena sottolinea ancora meglio. Tramite le parole della dottoressa, Shyamalan sposa la tesi secondo cui la condizione mentale del protagonista sia in realtà un potenziale privilegio, l'occasione per andare oltre le nostre singole esistenze. Si tratta di un privilegio però mai scevro di violenza, rabbia e sofferenza, in cui il mondo intero sembra essere immerso: per questo Shyamalan non riesce mai davvero a condannare il suo "mostro". Anzi.
Shyamalan non ha paura di rischiare e farsi male, alla faccia dei Razzie Awards che lo hanno tartassato fino a pochi anni fa. Sa creare un'atmosfera con pochi tocchi, incuriosisce sempre e non vuole mai essere prevedibile. L'apice lo raggiunge con il suo consueto colpo di scena finale, che ovviamente non potremmo mai commettere il delitto di svelare. Possiamo però prendere la questione molto alla lontana, dicendo che le capacità manipolatorie di Shyamalan denotano un'intelligenza rara, che prima o poi anche i suoi detrattori dovranno ammettere: essere "ingannati" da lui è di rado un'umiliazione, quanto più spesso uno stimolo, un segno di una concreta volontà di condividere il proprio entusiasmo per le potenzialità narrative e formali del mezzo. Con una libertà che una major non approverebbe mai.

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martedì 25 aprile 2017

LA LA LAND




La La Land resta saldamente in testa al box office nostrano con poco più di 600mila euro e respinge l'assalto sia di Split, secondo con mezzo milione di euro, che di Smetto quando voglio - Masterclass, che non riesce a sfondare e deve accontentarsi della posizione più bassa del podio con 474mila euro.
Sempre pimpante L'ora legale, quarto con 466mila euro, che supera di un soffio La Battaglia di Hacksaw Ridge, che potrebbe crescere ulteriormente sulla base del passaparola.
Andrea Chirichelli
Dopo il film di Mel Gibson c'è uno stacco netto, con Sing che continua a macinare incassi e si toglie la soddisfazione, dopo un mese di programmazione, di stare davanti a new entry recentissime quali Sleepless - Il Giustiziere e A United Kingdom - L'amore che ha cambiato la storia, mentre Fallen e Arrival chiudono la top ten. Per il weekend resta quindi favorito La La Land, mentre Smetto quando voglio - Masterclass e L'ora legale hanno solo la giornata di oggi per provare a recuperare posizioni. 

Rings vince il venerdì americano con 5,6 milioni di dollari, ma il favorito per la vittoria nel weekend resta Split, secondo con 4,8 milioni ed un totale arrivato a quota 88 milioni. Sempre tonici Il diritto di contare e La La Land, che viaggiano quasi appaiati a 113 milioni di dollari. Male, come previsto, The Space Between Us, che apre con 1,4 milioni di dollari e vede le stime sul totale del weekend tagliate a 4 milioni. In caduta libera Resident Evil: The Final Chapter e xXx: The Return of Xander Cage. Per il resto, il vero vincitore del weekend sarà il Superbowl. La notizia più interessante della giornata viene però da Fandango, celebre società di prevendita e vendita di biglietti cinematografici: La Bella e la Bestia, primo film di Disney in uscita tra un mese e mezzo, ha già stracciato Dory e Zootropolis quanto a prevendite e gli analisti stimano il primo weekend a oltre 150 milioni di dollari. 
Ieri su MYmovies.it 800.787 visitatori: (+142,95% vs Comingsoon.it). Fonte Audiweb - dati della giornata di sabato 4 febbraio 2017. 

Box Office Italia del 4/02/2017
1. La La Land: Euro 605.367
2. Split: Euro 501.527
3. Smetto quando voglio - Masterclass: Euro 474.693
4. L'ora legale: Euro 466.239
5. La battaglia di Hacksaw Ridge: Euro 452.293
6. Sing: Euro 167.021
7. Sleepless - Il Giustiziere: Euro 163.192
8. A United Kingdom - L'amore che ha cambiato la storia: Euro 149.236
9. Fallen: Euro 125.415
10. Arrival: Euro 118.723

Fonte: QUI

giovedì 13 aprile 2017

LA BATTAGLIA DI HACKSAW RIDGE, UNA FOLLE CONVIVENZA DI OPPOSTI



In un orizzonte hollywoodiano che rischia il conformismo anche (e soprattutto) quando affronta pigramente i temi dell'agenda sociale più democratica - dal razzismo alla questione femminile - film come La battaglia di Hacksaw Ridge o la stessa presenza del cinema di Mel Gibson appaiono come un regalo stupefacente. 

Nascosto nelle forme di un cinema di guerra nostalgico e squadrato, tagliato con l'accetta del feuilleton e dipinto come un film di George Stevens degli anni Cinquanta, il progetto visionario di Gibson in verità è una sorta di folle convivenza di opposti.
Accusato banalmente di essere "di estrema destra" - e certamente ripugnante nei suoi attacchi pubblici di stampo antisemita - Gibson è in verità un biblista febbricitante, un regista che individua nel mezzo cinematografico la tavolozza più adatta a raccontare destini estremi, esaltati e pazzoidi al tempo stesso.
Roy Menarini
Proprio l'apparente classicità di La battaglia di Hacksaw Ridge serve a mitigare da una parte la furia delle sequenze di battaglia (e dire che con Salvate il soldato Ryan - sorta di specchio riflesso di questo film - pensavamo di averle viste quasi tutte), e dall'altra la paradossale vicenda dell'eroe. A differenza di La legge del signore, dove il quacchero Giosuè decide di andare in battaglia trasgredendo le regole della sua religione, e diversamente da Il sergente York, dove il tiratore scelto comprendeva che sparare al nemico avrebbe accontentato Dio e il Vangelo salvando vite umane (opera ben presente nella testa di Clint Eastwood per il suo American Sniper, e citata anche dal solito Spielberg), Desmond Doss va fino in fondo e non spara un colpo.

Come Mel Gibson sia riuscito a girare un film non pacifista su un pacifista, un film di violenza biblica su un uomo che rifiuta la violenza, un film eroico su un quasi suicida, un film irrazionale su una persona che sa razionalmente misurare fino a dove si deve spingere il proprio credo, è forse l'impresa più cinematograficamente appagante dell'anno.
Ma soprattutto, La battaglia di Hacksaw Ridge condivide con Silence di Martin Scorsese, oltre al protagonista Andrew Garfield (in entrambi i casi religioso e inerme), anche il sogno di un cinema ad alte latitudini, capace di affrontare i massimi sistemi e gli interrogativi più ingombranti.
Roy Menarini
Certamente più spettacolare dell'intimo, doloroso capolavoro di Scorsese, il film di Gibson può puntare a una platea decisamente più ampia, mantenendo una sorta di fedeltà agli ideali del regista pur dentro logiche di compromesso spettacolare che riescono a esaltare ancora di più il gesto autoriale. Si era detto, di La passione di Cristo o Apocalypto, che fossero film a loro modo isolati, che parlassero per puro caso a un pubblico inorridito e al tempo stesso affascinato dal sadismo della storia antica. 

Ora, con La battaglia di Hacksaw Ridge, scopriamo che forse le ossessioni di Gibson covano sotto la cenere di un pezzo di Hollywood, percorrono un immaginario troppo spesso incatenato dalle logiche produttive o dalle presunte correttezze politiche, scuotono un pubblico che proprio in questi mesi (Trump, certo, ma anche la drammatica escalation di violenze interetniche dell'ultimo anno di Obama) vive una realtà assai meno stereotipata di quanto si creda. 

E il tanto discusso ritorno della Storia, nell'altrettanto paventata era del ritorno dei fantasmi del passato, forse non è del tutto estraneo al cinema che sta emergendo in questi anni, da American Sniper a Hell or High Water, dai western "razziali" di Quentin Tarantino a Fury.

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mercoledì 5 aprile 2017

XXX: IL RITORNO DI XANDER CAGE



Se quello di Vin Diesel voleva essere un tentativo - dopo quanto realizzato (anche con il suo cortometraggio Los Bandoleros) nel 2009 con Fast & Furious: Solo parti originali - di 'riprendersi' un franchise iniziato con lui e dare vita a una nuova saga… difficilmente il risultato conforterà il simpatico e muscolare attore californiano. Il suo xXx: Il ritorno di Xander Cage, infatti, ben lontano dalla veracità del xXx del 2002 con Asia Argento o dalla ipertrofia dal successivo Xxx 2: the next level ha come principale effetto quello di far rimpiangere il recente e deludente remake di Point Break.

Le immagini del trailer lasciavano presagire una sequela di azioni spericolate, infatti, al limite dello sport estremo, come l'adrenalinico e divertente incipit del film sembrava confermare… Purtroppo, dalle prime battute del nostro eroe l'impressione cambia. E questo ulteriore capitolo della trilogia che vede Xander Cage (assente nel secondo, in realtà) richiamato in servizio dal suo esilio volontario inizia a configurarsi come l'ennesimo prodotto costruito a tavolino, ma senza una particolare cura.

Un paio di brevi apparizioni di Samuel L. Jackson (particolarmente sopra le righe, in maniera positiva, nel prologo condiviso con la sorpresa Neymar Jr.) e quella finale del Deus ExXx Machina che si pone come vero anello di congiunzione tra i precedenti due film, incorniciano una passerella di volti più o meno noti, più o meno ben assemblati, tra i quali spiccano sicuramente Donnie Yen, per simpatia e coreografie, e la splendida modella e attrice indiana Deepika Padukone (Om Shanti Om), ma non Toni Collette, altro grosso nome mal speso e apparentemente poco motivato.

La ricerca della scena ad/e dell'effetto si perde senza raggiungere un climax, e senza preoccuparsi di coerenza, sviluppo o credibilità. Niente di indispensabile in questo tipo di prodotto, ma che segna forse il punto più basso della carriera dello scenggiatore F. Scott Frazier (Autobahn - Fuori controllo, Codice fantasma) e di D.J. Caruso, che almeno nel suo precedente The Disappointmens Room (uno dei vari film, con Tin Man e Standing Up, mai arrivati da noi dopo il Sono il numero quattro dl 2011), aveva offerto un risultato più decoroso e riuscito nonostante il budget minore (allora erano 15 milioni) e - di certo - le minori aspettative. Non un buon viatico in vista del possibile G.I. Joe 3 che potrebbe dirigere in un prossimo futuro.

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lunedì 27 marzo 2017

SMETTO QUANDO VOGLIO - MASTERCLASS

Smetto quando voglio 2

Da ricercatori rigettati, che si reinventano criminali con una certa approssimazione, a veri e propri supereroi. Come in un fiim dei Ghostbusters, in Smetto quando voglio - Masterclass c’è tanto della celebre pellicola sui fantasmi, per esempio l'idea della squadra in azione e soprattutto molti omaggi al suo immaginario avventuroso, fluorescente e artigianale, tipo quando i protagonisti appaiono in possesso di macchinari improbabili che fino al momento della loro sfoderamento sul campo non sappiamo mai quanto sgangherati o fallaci possano essere, il secondo capitolo della saga di Sydney Sibilia mette insieme l’umorismo e l'azione tipici di quel cinema da blockbuster a un tema prettamente italiano: la tragedia dei cervelli in fuga.

Oppure, in generale, mostra il dramma contemporaneo di un paese che davvero fa fatica ad accettare gli esiti imprevisti di un sistema accademico e lavorativo che non è più lineare come un tempo; ma anzi spesso nemico e pronto sempre a mostrare la sua faccia peggiore. Quindi, ci si riorganizza con comicità. 
 
E Smetto quando voglio 2 è un film più interessante del primo perché qui è maggiormente evidente il tentativo di mettere insieme l’azione di un certo cinema action, con una sensibilità tutta nostra. E per una volta questa operazione è motivo sia di orgoglio, sia di sicura riflessione.

In Smetto quando voglio 2 ritroviamo il gruppo di rovinosi ricercatori protagonisti del primo capitolo, Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, con l’aggiunta delle new entry Marco Bonini e Giampaolo Morelli. E non è solo la squadra ad aumentare di volume; anche la sfida è doppia.



Perché i ricercatori, che nel primo capitolo si infilavano nel paradosso di usare le proprie conoscenze scientifiche per creare droghe sintetiche poiché traditi da un sistema accademico non basato assolutamente sulla meritocrazia, sulla linearità, in questo secondo capitolo passano definitivamente dal lato del Male a quello del Bene; in senso di missione collettiva. Cioè collaborano con la polizia e con il nemico pur di sgomberare il traffico delle smart drugs romano.

È un cambio di passo importante che sposta la sfida dei protagonisti un po’ più in là e un po’ più verso il racconto supereroistico, corale e divertente. Smetto quando voglio 2 è in questo senso una buonissima sintesi tra la tematica sociale, che può esistere solo se si ha la capacità di guardarsi dentro a livello di scrittura, quindi plauso a Luigi Di Capua, Francesca Manieri e lo stesso Sibilia che sanno usare la sciabola del paradosso senza timori e la comicità da blockbuster che guarda agli Stati Uniti. Solo che nessuno fino a qui in Italia ha condotto così bene l'esperimento e per due capitoli, saranno tre in totale, in certi versi simili ma anche in grado di differenziarsi e fare un passo avanti ulteriore.

Di budget, di tono, di caratterizzazione. E quando Smetto quando voglio 2 si chiude, lo spettatore sa che nel prossimo capitolo i ricercatori saranno qualcosa di molto simile a certi supereroi; come i cugini Marvel ma senza il difetto della copiatura. Cioè saranno imperfetti, ciascuno con un tic fatale e forse non proprio pronti a rispondere a una chiamata più grande del proprio tornaconto personale. Con questo ultimo fim, dopo Lo chiamavano Jeeg Robot e Veloce come il vento, oltre che il primo capitolo di Smetto quando voglio, il cinema italiano sta trovando un suo stile e un suo animo profondo che sa mescolare il racconto della realtà all'azione adrenalinica. Non siamo solo cinema d'autore e lacrime; e questo va detto soprattutto nei confronti di chi sostiene che nella nostra libreria culturale collettiva ci sia posto per un solo libro. O elitario o popolare. Mentre è chiaro che i due sistemi possono allegramente coesistere. E poi questo gruppo di Smetto quando voglio ha persino un leader, Pietro Zinni (Edoardo Leo), che sa davvero fa il suo lavoro di attore e di capo spirituale della gang.

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giovedì 16 marzo 2017

PROPRIO LUI?




Sin dal titolo, il Proprio lui? di John Hamburg (...E alla fine arriva Polly) cerca di suggerire una identificazione con la supposta vittima di turno, il Bryan Cranston genitore amorevole di una figlia scoperta più cresciuta di quanto sperato. Ma la risposta cui ambire sarebbe semmai quella relativa al perché lo sceneggiatore di Zoolander abbia scelto una storia ricca di dinamiche tanto simili a quelle sfoggiate nella trilogia di Ti presento i miei (sempre da lui sceneggiata) invece di offrirci qualcosa di più.

Film alimentare? Probabile. Omaggio a titoli di maggior caratura? Forse. Di certo non si poteva pretendere troppo, che fosse epocale come Indovina chi viene a cena? o aggraziato come Il padre della sposa. Altri tempi. E non solo, visto che ci piacerebbe volgere la domanda che poneva il titolo originale - Why Him?/Perché lui? - a chi ha scelto di sfruttare l'onnipresente James Franco (guarda caso nei panni di un ricco artista residente a Palo Alto), qui estroso ed eccessivo nella ennesima manifestazione che lo vede, ancora una volta, catalizzatore entusiastico di humor triviale e situazioni al limite del demenziale.

Personaggi sulla carta divertenti, che perdono comunicativa e appeal nel loro mettersi eccessivamente in mostra o nel non attendere le responsabilità del ruolo (vedi la giovane Stephanie di Zoey Deutch), e una storia non propriamente originale, anche nel suo puntare su tatuaggi, droghe, minzioni, scarti fisiologici e stereotipi scandalosi forse solo per una categoria di 'benpensanti' che ormai si trova solo nei film. Un taglio e delle scelte che finiscono con rendere gli effetti desiderati come Choc, ben più 'sciocc'… Cameo finale a parte, per quanto non per tutti, che sicuramente potrà commuovere qualche fan degli incredibili personaggi apparsi, più propenso a intenerirsi per il tempo che passa che per il tocco Vintage dell'operazione.

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domenica 5 marzo 2017

LIFE, ANIMATED




Più che di tecnica mista, nel documentario Life, Animated di Roger Ross Williams sarebbe più indicato parlare di approccio, o racconto, misto, visti i diversi canali e modalità scelti per mettere in scena l'incredibile storia di Owen Suskind, già descritta nel libro del padre - premio Pulitzer - Ron Suskind: Life, Animated: A Story of Sidekicks, Heroes, and Autism. Di fondo, la descrizione di un quasi miracolo, quello accaduto al piccolo Owen, suo figlio, che all'età di tre anni iniziò a manifestare segni di autismo per poi riuscire a tornare a comunicare - anni dopo - grazie alla sua grande passione per i film della Disney.

Un valido concorrente - come si può facilmente immaginare, 'conoscendo' l'Academy e visto il precedente Oscar vinto dal regista afroamericano della South Carolina per il corto-documentario Music by Prudence del 2009 - per il nostro Fuocoammare candidato nella stessa categoria, ma non certo un film esente da difetti. Diviso inevitabilmente in due parti (quella della malattia e quella relativa alle sfide affrontate da questo nuovo giovane essere umano) e condizionato dalla presenza sullo schermo dello stesso autore Ron Suskind, il viaggio raccontato finisce con l'essere disomogeneo in vari aspetti.

Certo, la vita lo è, tanto più una come quella raccontata. Ma è difficile ignorare l'inevitabile 'recitazione' nella ricostruzione di alcuni punti non banali della vita del giovane protagonista e un rallentamento successivo al 'colpo di scena' principale, che permette più di una distrazione - non tutte valide o consigliabili - dalla linea centrale. Peccati veniali, in fondo, in una storia commovente ed edificante per sua natura e che - per una volta, in barba alla retorica e all'attenzione nell'evitarla - ci mostra realizzata l'influenza e il potere che il cinema e l'arte possono avere nelle nostre vite, come molti millantano o vaneggiano, spesso a sproposito.

E che riesce a farlo senza perdere di vista il quadro complessivo, nel quale diversi interventi e livelli di partecipazione e di dramma vengono resi con diversi tipi di animazioni, di riprese e di testimonianze. Nel quale al pathos della madre di Owen fanno da contraltare l'analisi quasi cronachistica del padre e la paura del futuro del fratello, (guarda caso) Walt. E dove - grazie a lezioni come quelle di Hercules ('non arrendersi'), Mowgli (sui 'nuovi amici'), Pinocchio ('diventare un bambino vero') o Dumbo (sull'affrontare 'sfide difficili') - sarà l'esempio e il coraggio dell'ormai cresciuto Owen - autore di The Land of th Sidekicks e oggi impiegato da ToysRus - a dimostrare con i fatti quanto sciocco sia a volte sentirsi costretti a corrispondere certe aspettative o a farsi dire da altri cosa 'valga la pena' nella nostra vita…

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domenica 26 febbraio 2017

LA CACCIA AI FANTASMI



Presentato Fuori Concorso al sessantesimo Festival Internazionale di Berlino, Shutter Island segna la quarta collaborazione di Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio, prima occasione in cui un film dei due non ricevette nessuna nomination all'Oscar. Nonostante il film e i suoi interpreti sappiano trasmettere la necessaria inquietudine e affascinare…

Il film. 1954. Durante la Guerra Fredda, il capo della polizia locale Teddy Daniels e il suo nuovo partner Chuck Aule vengono convocati a Shutter Island per indagare sull'inverosimile scomparsa di una pluriomicida che sarebbe riuscita a fuggire da una cella blindata dell'impenetrabile ospedale di Ashecliffe. Circondati da psichiatri inquisitori e da pazienti psicopatici e pericolosi confinati sull'isola remota e battuta dal vento, i due poliziotti si trovano immersi in un'atmosfera imprevedibile dove nulla è come appare. Con un uragano in arrivo, le indagini procedono velocemente: man mano che la tempesta si avvicina, i sospetti ed i misteri si moltiplicano e diventano sempre più terrorizzanti e terrificanti con l'emergere di oscuri complotti, sordidi esperimenti medici, lavaggi del cervello, reparti segreti, ed eventi soprannaturali...

Dietro le quinte. Quando ancora il film sembrava dovesse chiamarsi 'Ashecliff' (dal nome dell'istituto), si era pensato a Wolfgang Petersen per la regia, e poi a David Fincher. Anche il ruolo di Chuck Aule doveva avere un interprete diverso: il Josh Brolin che DiCaprio e Scorsese avevano già scelto… prima che una accorata lettera 'da fan' di Mark Ruffalo (cui alla fine andò il ruolo) convise il regista ad accontentare la sua richiesta di lavorare per lui. Per preparare lui e gli altri interpreti al meglio, e rendere evidente il mood che voleva per il film, il buon Martin mostrò a tutti Le catene della colpa (1947) e La donna che visse due volte (1958).

Perché vederlo. Un viaggio allucinante, senza apparenti speranze, quello che vediamo percorrere a uno sconcertato e paranoide Leonardo DiCaprio. Personaggio ambiguo, che ci restituisce una visione della realtà condizionata dal proprio vissuto, vago e kafkiano, come da intenzioni di Scorsese. Il regista italoamericano qui adatta per il grande schermo l'omonimo romanzo di Dennis Lehane, ma non perde l'occasione per raccontarci una storia di violenza che resta nella "scia di crudeltà, dolore, paura e ossessione" che collega Travis Bickle di Taxi Driver, Jack La Motta di Toro Scatenato, Max Cady di Cape Fear, Bill il Macellaio di Gangs of New York, Frank Costello di The Departed. In questo caso, Teddy Daniels ci accompagna nel lato oscuro della natura umana in un lungo omaggio al cinema europeo e di genere, a patto di abbandonarci all'illusione e alla follia, comprendendo sia la lucida osservazione del contesto quanto la sofferenza che determina lo scollamento dallo stesso… E che tutto l'eccellente cast 'di contorno' contribuisce a evidenziare.

La scena da antologia. Probabilmente il sogno in cui gli appare Dolores, la moglie defunta, in tutta la sua bellezza: Il vestito dai colori brillanti, verde con i fiori, la rende ancora più viva, perfettamente in sintonia con lo stile della casa, dalle tinte luminose e rasserenanti. L'inquadratura omaggia la bellezza eterea e carnosa della protagonista, che sembra però essere lì solo per dare un messaggio al marito: Chanal è ancora sull'isola. Ma Teddy è confuso dalla visione, le si avvinghia in un abbraccio disperato, durante il quale dai soffitti della casa cominciano a piovere brandelli di cenere, come petali neri che coprono di segni di morte quello che fino a qualche secondo pulsava di primavera. E alla cenere segue il fuoco, quello dell'incendio in cui Dolores ha perso la vita. E mentre lei gli dice "Lasciami andare" e la casa arde, Teddy non può che rispondere con la voce rotta: "non ce la faccio".

I Premi. Nessuna vittoria agli Academy of Science Fiction, Fantasy & Horror Films Awards (nonostante le cinque nominations), né al Premio dell'Art Directors Guild per l'Eccellenza delle scenografie del nostro Dante Ferretti (premiato anche dal National Board of Review), o dai vari Empire, Satellite, Fangoria e Nastri d'Argento. In compenso i Circuit Community Awards 2010 ne riconobbero i meriti della Direzione Artistica con un Davis Award, DiCaprio vinse l'Italian Online Movie Award (IOMA) come Miglior Protagonista e la sceneggiatrice Laeta Kalogridis lo Scream Awards di categoria (unico premio delle sei candidature, anche ad attori e regista).

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giovedì 16 febbraio 2017

T2: TRAINSPOTTING

T2: Trainspotting

Per parlare di un sequel atteso più di vent’anni, tanto è passato prima che il team abbia scelto di ritrovarsi nuovamente davanti la macchina da presa con gli stessi protagonisti di quel successo commerciale e culturale che fu nel 1996 Trainspotting, forse bisognerebbe partire dal rapporto che aveva il primo film con l'idea del tempo che scorre.

Nel primo Trainspotting i protagonisti si trovavano soprattutto alle prese con la fatidica domanda generazionale di come diventare grandi nella Edimburgo della working class, non avendo troppe possibilità e mezzi, e magari decidendo poi persino di eludere quel sogno di linearità che la società perbenista imponeva loro, quell’imperativo morale di mettere la testa a posto ad ogni costo, di cercarsi un lavoro e di fare soldi quanto basta per sopravvivere dignitosamente. Una premessa abbastanza chiara; tanto che in una pellicola che per stile, frammentarietà, livello di trasgressione assomigliava molto a un lungo viaggio psichedelico, questo orizzonte di senso riusciva a tracciare una qualche parabola per lo spettatore, un sentiero da seguire tra l’effetto psicotropo di una droga e un altro.

C’era un orizzonte in Trainspotting, per quanto nebuloso. Al contrario il secondo capitolo è da questo punto di vista meno cristallino e per questo più disperato, nero e forse persino un po’ più confuso. La premessa del film si esprime da subito ed è quella di un classico ritorno a casa. Mark Renton (Ewan McGregor) 20 anni dopo la sua partenza, torna in Scozia, ritrova gli amici Daniel "Spud" Murphy , Simon "Sick Boy" Williamson, e Francis "Franco" Begbie. 

Un ritorno può voler dire redenzione, ma non c'è troppa voglia di cambiamento nel gruppo di tossici-amici di Edimburgo, ritrovatosi dopo tanti anni. Non sono meno violenti e meno compulsivi i protagonisti di T2. All’eroina in alcuni casi hanno sostituito la cocaina o il viagra, ma non hanno perso per questo la voglia di tradirsi reciprocamente o di regolare i conti con una bella lotta tra pari, scazzottata o lancio di bicchieri che sia. Né tantomeno Danny Boyle ha smarrito la passione per mostrare il suo amore per i fluidi corporei esibiti in primo piano. 

Se c’è una cosa che il gruppo ha invece perso in questo capitolo, ed è evidente al punto da rendere palese un sentimento di malinconia assente in Trainspotting, e la possibilità di credere davvero in una vita diversa. Ora i suoi protagonisti sono stanchi, vecchi ed ex tossici ed è più flebile la speranza che la vita offra loro una seconda chance. E l’orizzonte più prossimo che riescono ad intravedere è proprio quello della morte.

T2 in questo senso non tradisce; non si addolcisce, ed è per questo molto più struggente del primo capitolo; forse a volte persino troppo disordinato. E dove c’era ribellione, adesso prevale un senso appiccicoso di sconfitta, un vagare su se stessi senza troppa forza. Perché T2 è un aggiornamento dei temi del primo film rapportato alla mezza età dei protagonisti, e di certo diverte, fa inorridire, produce humor nero, scorrettezza, voglia di trasgredire in dosi liberatorie, ma fa sentire anche tanta tristezza. Ed è proprio questo senso di 'tempus fugit' che il suo pubblico, ormai cresciuto, credo che non gli perdonerà affatto; forse perché fa male guardarsi allo specchio e sentirsi e vedersi invecchiati. 

Tuttavia il film non manca di difetti. Per esempio l'eccessiva lunghezza, la debolezza dell’unico personaggio femminile, una donna straniera Anjela Nedyalkova (Veronika) che con la sua estraneità, di nazionalità e di contesto, dovrebbe guardare al mondo degli ex tossici con uno sguardo diverso che però non riesce mai a compiersi definitivamente e l’assenza di un vero gancio ‘sociologico’ che metta in relazione i protagonisti insieme al loro contesto: cioè la Scozia del 2016/2017.

T2 resta comunque una dramedy da guardare senza pregiudizi. Perché è un tentativo in parte riuscito di aggiornare il film senza tradirne la sua essenza di mina impazzita, vagante, sempre pronta a colpire con il suo linguaggio visivo schizofrenico e psichedelico, ma non è racconto anacronistico e ostinato nel portare avanti ciò che il tempo, inteso come stagione reale e cinematografica, si è portato ormai definitivamente via.

Fonte: QUI

martedì 7 febbraio 2017

Rane e carciofi al lime e tamarindo

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30 min Livello: Medio Dosi per 4 persone

INGREDIENTI PREPARAZIONE
burro salato 40 gr
rane 16 -
carciofi 4 -
spicchi di aglio 2 -
un limone -
prezzemolo -
lime -
concentrato di tamarindo -
farina -
olio extravergine di oliva -
sale -
pepe -

Per la ricetta delle rane e carciofi al lime e tamarindo, lavate le rane, asciugatele bene, tamponandole con carta da cucina, e tagliate le cosce. Mondate i carciofi, eliminando le foglie più esterne; divideteli a metà e privateli della barba con l’aiuto di uno scavino, quindi tagliateli a fettine sottili e mettetele a bagno in acqua acidulata con il succo di un limone.

Tritate finemente un mazzetto di prezzemolo e, a parte, 2 spicchi di aglio. Infarinate le cosce di rana e rosolatele in una padella con 3 cucchiai di olio per 5’, con un pizzico di sale e una macinata di pepe; aggiungete quindi il burro salato, l’aglio tritato, mezzo cucchiaino di concentrato di tamarindo e il succo di mezzo lime, mescolate e togliete subito dal fuoco.

Adagiate le cosce di rana e le fettine di carciofo su un piatto di portata, guarnite con il prezzemolo tritato e servite.

Fonte: QUI

venerdì 27 gennaio 2017

Pasticcio di bruscitt con pere al vino

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1 ora 20 min Livello: Facile Dosi per 4 persone 

INGREDIENTI PREPARAZIONE
patate 500 gr
polpa di manzo macinata 400 gr
vino rosso 400 gr
una pera -
semi di finocchio -
aglio -
pangrattato -
grana grattugiato -
noce moscata -
burro -
sale -
pepe -

Per la ricetta del pasticcio di bruscitt con pere al vino, lessate le patate con la buccia in acqua bollente per circa 45’. Sbucciate la pera e tagliatela a pezzetti.  Rosolate la carne, con il burro e fate scaldare con il coperchio finché non comincia a fare acqua.

Preparate un sacchetto di garza con uno spicchio di aglio e i semi di finocchio. Aggiungetelo alla carne dopo 5-8’, quando questa sarà coperta di sughetto. Bagnate quindi con il vino rosso e proseguite la cottura per altri 20’ almeno aggiungendo la pera negli ultimi 5’ di cottura.

Sbucciate le patate e schiacciatele con lo schiacciapatate; salatele, pepatele e profumatele con noce moscata e 40 g di burro. Mettete la carne sul fondo di una pirofila (ø 20 cm) o in 4 stampini o anelli monoporzione poggiati su carta da forno, poi copritela con uno strato di purè. Mescolate un cucchiaio di pangrattato con uno di grana e spolverizzate la superficie del pasticcio; cospargete con fiocchetti di burro e infornate a 180 °C per 18-20’, finché il pasticcio non sarà ben gratinato in superficie.

Fonte: QUI

venerdì 13 gennaio 2017

Alici farcite, insalata e arance

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45 min Livello: Medio Dosi per 8 persone

INGREDIENTI PREPARAZIONE
alici 600 gr
mandorle con la buccia 120 gr
pecorino 30 gr
foglie di salvia 10 -
arance 3 -
farina di riso -
misticanza -
olio extravergine di oliva -
sale -

Per la ricetta delle alici farcite, insalata e arance, lavate le alici, spinatele aprendole a libro. Irroratele con il succo di mezza arancia, poi tamponatele per asciugarle. Tritate le mandorle insieme alle foglie di salvia, mescolatele con il succo di mezza arancia, il pecorino, un pizzico di sale e un cucchiaio di olio extravergine di oliva.

Farcite le alici con il trito e richiudetele; infarinatele con farina di riso, mettetele su una teglia coperta con carta da forno e infornatele a 210 °C per circa 10’. Pelate a vivo due arance, privandole delle pellicine: lavorate sopra una ciotola, in modo da recuperare il succo che cola. Utilizzatene 2 cucchiai per emulsionare 8 cucchiai di olio, con un pizzico di sale. Condite la misticanza con gli spicchi di arancia e l’emulsione, e servitela con le alici.

Fonte: QUI


martedì 3 gennaio 2017

Bon bon di cheesecake


Dosi per circa 10 bon bon

 150 gr di philadelphia
 50 gr di zucchero a velo
 1 cucchiaino di essenza di vaniglia
 100 ml di panna per dolci
 70 gr di biscotti tipo frollini
 frutta

PROCEDIMENTO

In una ciotola, montate il formaggio con zucchero e vaniglia.

A parte, montate la panna, quindi unite i due composti e amalgamate delicatamente, quindi riponete il composto in freezer per almeno 2 ore.

Tritate grossolanamente i biscotti (io li ho tritati troppo finemente).

Riprendete il composto dal freezer e create le palline con il cucchiaio da gelato, quidni rotolatele nei biscotti sbriciolati.

Rimettete i bon bon di cheesecake in freezer ancora per 1 ora circa, quindi lasciateli qualche minuto a temperatura ambiente e serviteli con frutta a piacere.

Fonte: misya.info