sabato 30 luglio 2016

JASON BOURNE


Matt Damon torna a vestire i panni del suo personaggio più famoso Jason Bourne. Paul Greengrass, il regista di The Bourne Supremacy e The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo, è nuovamente al fianco di Damon in Jason Bourne, il nuovo capitolo della saga della Universal Pictures. In questo film il più pericoloso ex-agente CIA è costretto ad uscire dall'ombra. Nelle tre nuove clip del film vediamo il protagonista alle prese con una rivolta ad Atene, una corsa automobilistica per le strade di Las Vegas e una telefonata che cambierà il corso delle sue avventure.
Le new entry di questo capitolo sono il premio Oscar Alicia Vikander, Vincent Cassel che veste i panni del villain e Tommy Lee Jones. Julia Stiles invece torna nei panni del suo personaggio di sempre.

Frank Marshall è ancora una volta il produttore insieme a Jeffrey Weiner per Captivate Entertainment, Greengrass, Damon, Gregory Goodman e Ben Smith. Ispirato ai personaggi creati da Robert Ludlum, il film uscirà nelle sale italiane il 1 settembre, distribuito da Universal Pictures.

Fonte: MYmovies.it

venerdì 29 luglio 2016

Caprese con melone



Un piatto fresco, estivo e colorato che si prepara in soli 10 minuti. Quella della caprese con melone è un variante stuzzicante e originale della classica caprese, sia nella composizione degli ingredienti che nella presentazione. Piccole sfere colorate accompagnate da erbe aromatiche e granella di pistacchio conpomgono questa allegra insalata, da provare!

INGREDIENTI
• 1 melone medio
• 200 g di mozzarelle ciliegine
• 300 g di pomodori ciliegino
• 100 g di prosciutto crudo dolce
• sale
• pepe
• olio qb
• foglioline di menta
• origano fresco
• erba cipollina
• una cucchiaiata di pistacchi

ESECUZIONE RICETTA
FACILE
TEMPO PREPARAZIONE
10 MIN
PORZIONI
4 PORZIONI

INTRODUZIONE
Un piatto colorato e originale che ripropone gli ingredienti di due ricette semplici e classiche: la caprese a base di mozzarella e pomodoro e il tipico abbinamento prosciutto e melone. La caprese con melone prevede inoltre l'utilizzo di erbe aromatiche quali erba cipollina e maggiorana che donano un tocco aromatico alla ricetta.

Facile e veloce da realizzare questo piatto tipicamente estivo, che non prevede la cottura dei suoi ingredienti, è leggero e adatto per sia per una cena in famiglia che con amici. La caprese con melone è inoltre versatile, poichè data la sua composizione potete eventualmente ridurre le dosi indicate e presentarla anche come antipasto o secondo piatto.

Una delle particlarità di questo ricco piatto unico sta nella presentazione dei suoi ingredienti che come piccole sfere colorate, nell'insieme rendono l'aspetto di questa caprese con melone inusuale e divertente.

Se siete alla ricerca di un'altra insalata fresca, presentato in modo altrettanto originale e allegro, consultate la ricetta dell'insalata caprese: è quella che fa per voi!


PREPARAZIONE
Fase 1
Lavate il melone, dividetelo a metà, togliete la parte centrale con i semi. Usando uno scavino porzionatelo e tenetelo da parte. Scolate le mozzarelline e tamponatele con carta assorbente. Lavate i pomodorini. In un bel piatto di portata mettete le palline di melone, le mozzarelline e i pomodorini.  
Fase 2
Disponetevi sopra le fettine di prosciutto e decorate con le erbe spezzettate e i pistacchi tritati grossolanamente. Finite con una grattata di pepe fresco e servite subito.

Fonte: cucchiaio.it

venerdì 22 luglio 2016

Max Pezzali - 6/1/sfigato 2012 ft Two Fingerz


6/1/ Sfigato è il nuovo singolo di Max Pezzali. Il brano è tratto dall’album Hanno ucciso l’Uomo Ragno 2012 e contiente il featuring del rapper Two Fingerz. Di seguito testo e audio.

6/1/ Sfigato – Testo

Dimmi cosa fai quando stai con lei
metti le cassette di Masini
lei poi ti racconta i suoi casini
roba che se non facevi il romantico
lei magari ti diceva facciamolo
ed invece sei rimasto fregato
da “PERCHE’ LO FAI” e “DISPERATO”
hai comprato pure il cellulare
da tua madre tu ti fai chiamare
per far finta di essere uno importante
chiamo dopo sono in mezzo alla gente
fingi di essere come Berlusconi
pieno di ragazze e di milioni
fino a ieri eri come noi invece adesso cosa sei
Sei uno sfigato ma cosa vuoi
Sei uno sfigato ma chi sarai mai
Quando vai nei bar fai un po’ la star
tu ti metti sempre accanto agli specchi
poi ti guardi dritto fisso negli occhi
e la mano passi in mezzo ai capelli
dici “UE MARONNA TROPPO BELLI”
non ti muovi mai per evitare
che la giacca ti si possa sciupare
quando metti su gli occhiali da sole
con quell’aria da grande attore
credi che le donne muoiano ai piedi
di uno come te però non vedi
che ti prendono soltanto in giro
e tu che continui a fare il duro
fino a ieri eri come noi invece adesso cosa sei
Sei uno sfigato ma cosa vuoi
Sei uno sfigato ma chi sarai mai
Quando parli tu sembra che sai più
cose strane di novella 2000
del jet-set sai tutto quello che tira
perché dici di conoscerli tutti
e per questo che conosci i fatti
il tuo panfilo a Montecarlo
io ti giuro vorrei proprio vederlo
dici che fai quasi tutti gli sports
dal rock ‘n’ roll acrobatico al golf
spesso fai l’intenditore di vini
sei pure uno chef quando cucini
credi di essere uno ricco e potente
uno che può far tremare la gente
ed invece tu che cosa sei uno qualsiasi come noi
Sei uno sfigato ma cosa vuoi
Sei uno sfigato ma chi sarai mai


Clicca qui sotto per visionare il video ufficiale


martedì 19 luglio 2016

THE ZERO THEOREM


Un mondo colorato e pop, vivace quanto opprimente e distopico. Questo è lo scenario in cui si svolge The Zero Theorem, il nuovo film di Terry Gilliam. Presentata in concorso alla Mostra di Venezia, la pellicola è interpretata da Christoph Waltz, Mélanie Thierry, David Thewlis e, in ruoli cameo, Matt Damon e Tilda Swinton.

Il regista torna alla fantascienza, genere che ha già visitato a suo modo con I banditi del tempo, Brazil e L'esercito delle 12 scimmie, per raccontare la storia di Qohen Leth (Waltz), impiegato in una bizzarra azienda in cui non si capisce bene cosa si produca, ma qualsiasi cosa sia ha a che fare con fiale colorate e console che sembrano una via di mezzo tra un moderna Playstation e un arcade anni Ottanta. Qohen non ama stare in mezzo alla gente e così chiede al suo capo (Thewlis) di poter lavorare da casa. Il boss dei boss, conosciuto solo col nome di Management (Damon), acconsente, a patto che riesca a risolvere il misterioso Teorema Zero, che ha a che fare addirittura con il senso della vita e l'origine dell'universo. Nel corso di un'avventura che lo porterà a riscoprire le gioie della vita, Qohen trova anche l'amore di una prostituta virtuale (Thierry).

The Zero Theorem sembra una versione pop di Brazil, poiché ci aggiriamo anche qui dalle parti di un futuro distopico controllato dal "Grande Fratello" e sepolto sotto la burocrazia, in cui le persone vivono vite tetre, dominate da lavori alienanti e senza uscita né significato. Però qui si aggiunge un'estetica ancora più kitsch, in cui gli effetti digitali si mescolano a location stranianti per ottenere un effetto da sovraccarico sinaptico, arginato in parte dalla scelta - obbligata da motivi di budget - di ambientare gran parte delle vicende nella casa di Qohen, una sorta di chiesa sconsacrata.

Il film è un continuo salto tra reale (o meglio surreale) e virtuale, onirico. C'è l'ambizione di parlare del presente, della nostra ossessione per i nuovi media e del loro dominio preoccupante nelle nostre vite, che stanno diventando sempre più virtuali e slegate dalla realtà tangibile. Non siamo ancora arrivati a fare sesso nella rete, come accade nel film, ma Gilliam non sbaglia quando prevede che questo potrebbe accadere. La cosa interessante è che gli incontri virtuali tra Qohen e la sua amata Bainsley (Thierry) sono forse gli unici momenti di felicità del protagonista, e quindi il regista è abbastanza intelligente da non puntare il dito contro internet in toto, ma intraprende un discorso più complesso e sfaccettato.

The Zero Theorem, comunque, parla anche di fede, facendone una discreta critica: Qohen è un uomo di fede che ha vissuto una vita insignificante in attesa di un evento che le desse senso. Tutto sommato, dunque, i temi non mancano, eppure il film non colpisce come altre opere di Gilliam. Il finale nichilista, in ogni caso, chiude in modo convincente la pellicola e guadagna punti nel non voler spiegare tutto quanto, lasciando l'interpretazione allo spettatore.

Fonte: film.it

mercoledì 13 luglio 2016

Antipasto di anguria e formaggio cremoso


Anguria e formaggio cremoso, un​ abbinamento inconsuento ma vincente protagonista di questa colorata e allegra ricetta. Ottima come aperitivo o per inaugurare un cena con amici, questo antipasto di anguria e forggio cremoso è un preparazione pronta in soli 20 miuti, che non richiede alcuna cottura. Un piatto originale e creativo, per la vostra estate! 

Antipasto di anguria e formaggio cremoso

ESECUZIONE RICETTA
FACILE

TEMPO PREPARAZIONE
20 MIN

PORZIONI
6 PORZIONI

INGREDIENTI
• 3/4 fette di anguria
• 300 g di formaggio di capra morbido
• 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
• qulche fettina di cetriolo
• sale
• pepe
• menta fresca
INTRODUZIONE
L'antipasto di anguria e formaggio è una ricetta che con la sua freschezza e facilità di esecuzione si rivela perfetta per l'estate.

Pochi ingredienti facilmente reperibili, ed ecco che con soli 20 minuti di preparazione questo colorato e originale antipasto estivo a base di frutta è pronto per essere servito ai vostri ospiti. Una ricetta versatile, che eventualmente potete proporre anche come aperitivo, in accompagnamento a un buon calice di vino.

Questa preparazione allegra e colorata è composta da piccoli cilindri di anguria che sono la base per una morbida crema di formaggio di capra; l'accostamento del cocomero con il formaggio può sembrare azzardato, ma il risultato é una perfetta armonia di sapori tra dolce e salato.

La presenza della menta, poi, con il suo aroma fresco e profumato dona alla crema un carattere convincente e vincente; a completare il tutto, con la sua tipica croccantezza, delle fettine sottili di cetriolo.

PREPARAZIONE
Tagliate l'anguria a fette dello spessore di circa 5 cm. Con un coppapasta formate 12 cilindretti e, utilizzandone uno più piccolo, togliete la parte centrale per ottenere lo spazio da farcire. 
 Preparazione Antipasto di anguria e formaggio cremoso - Fase 2 Preparazione Antipasto di anguria e formaggio cremoso - Fase 2
In una ciotolina lavorate il formaggio di capra con la cucchiaiata di olio aggiungendo la menta spezzettata finemente e una macinata di pepe.
 Preparazione Antipasto di anguria e formaggio cremoso - Fase 3 Preparazione Antipasto di anguria e formaggio cremoso - Fase 3
Preparate la sac a poche inserendo la bocchetta spizzata col foro grande e riempitela con la crema al formaggio. Asciugate i cilindretti di cocomero con carta assorbente e riempiteli con la crema al formaggio. 
 Preparazione Antipasto di anguria e formaggio cremoso - Fase 4 Preparazione Antipasto di anguria e formaggio cremoso - Fase 4
Disponeteli in un bel piatto di portata e decorate infine con le mezze fettine di cetriolo. Servite subito.

Fonte: cucchiaio.it



martedì 12 luglio 2016

Passo falso


Un piede inavvertitamente poggiato su una mina russa a doppio scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il deserto afgano con le sue asperità. Un camion carico di eroina e un ostaggio bendato. Un piccolo plotone appena sterminato, una radio che funziona a singhiozzo e una tempesta di sabbia in arrivo. E poco più di un’ora di film a disposizione.
Che il genere di appartenenza di questa vicenda ad altissima tensione sia la survivalist-story è chiaro come un mattino d’estate, e da cinéphile che a diciassette anni ha venduto la macchina dei genitori per finanziare il suo primo cortometraggio, Yannick Saillet lo sa bene, talmente bene che, prima di mettersi all’opera, scartando l’ossessiva ricerca dell’inquadratura perfetta tipica di un regista di videoclip, aveva già stabilito di dividere il suo breve racconto in venti sequenze di pari durata profondamente diverse l’una dall’altra: alcune più mosse, altre più pacate, nell'insieme regolate da una calcolata alternanza fra dialoghi e silenzi, inquadrature ravvicinate e campi lunghi, rinnovata speranza e nera disperazione.
Per giudicare Passo falso bisogna dunque partire dalla padronanza del linguaggio cinematografico di un filmmaker che sul set si muove come un topo nel formaggio e dalla mancanza, forse, di quella gioiosa spontaneità che rende un unicum ogni opera prima, nei pregi e nei difetti. E tuttavia, il desiderio di Saillet di distinguersi dai vari Buried, 127 ore o In linea con l’assassino, se da un lato indebolisce il potenziale drammatico del film, che non sempre assurge a riflessione sugli orrori di un conflitto inutile, dall’altro priva felicemente il disgraziato protagonista di quell’eroismo e di quella celebrazione dell'ingegno che hanno fatto dei personaggi principali dei titoli di cui sopra un pugno di tough guys più di celluloide che di carne e di sangue. E questo - come direbbero i barbari di Conan - è bene.
Interpretato con misura da Pascal Elbé, il soldato francese Denis ha infatti poco di valoroso. E' un uomo che ha tradito un compagno d’armi, che non sa come disinnescare l’ordigno e che decide quasi immediatamente di affidarsi al volere del destino, confidando nell’intervento di un deus ex machina che, se arrivasse, riporterebbe Passo falso nel dominio dell’entertainment, privandolo di quel vago sapore da b-movie che comunque è una delle sue facce, se non altro per l’ingegnosità con cui viene sfruttato il budget ridotto.
Non è mai noioso Passo falso, per Denis che deve restare immobile e per noi che siamo nei suoi occhi socchiusi per la troppa luce e ci reggiamo sulla sua gamba traballante e in preda ai crampi. Sul suo piccolo palcoscenico di dolore si alternano fugaci apparizioni: un cecchino, un bambino e un gruppo di donne coperte da burka celesti che, come Madonne rinascimentali, rendono per un istante liquido, suggestivo e femminile il paesaggio, salvo poi ritrasformare la poesia in cronaca brutale nel momento in cui portano silenziosamente via la droga. C’è grande bellezza in questi attimi, e nella mise en scene del film, che però si incanta un po’ troppo nella contemplazione di sé e che resta come sospeso, incapace di prendere una precisa strada formale e a metà fra un esercizio di stile e la ricerca di umanità.
Figlio di un militare, Yannick Saillet delle domande sulla guerra se l’è fatte certamente, e lasciando per un attimo la scena a un comandante meschino che vorrebbe appropriarsi dell’eroina, non ha voluto ignorare la stupidità e la superficialità dell’uomo occidentale, che furbescamente traffica per ottenere una medaglia al valore, che al coraggio ha sostituito l’apatia e la noia e che come nome in codice sceglie Akela (il lupo de "Il libro della Giungla" e, negli Scout, il capo dei Lupetti e delle Coccinelle, ndr), senza rendersi conto che l’Afghanistan non è un campo da gioco ma di battaglia, e che le armi non sono di plastica, ma di ferro. E sparano. E uccidono.

Fonte: comingsoon.it

mercoledì 6 luglio 2016

Un mercoledì di maggio


Tra tutti i paesi islamici in cui governo politico e potere religioso sono strettamente intrecciati, l’Iran è sicuramente il più denso di contraddizioni e al tempo stesso il più dinamico, diviso tra un retaggio arcaico di sottomissione della donna e gli indubbi diritti conquistati grazie alle lotte femminili e alle spinte progressiste appoggiate da politici illuminati come il presidente Hassan Rouhani, eletto nel 2013. Nel paese le donne possono guidare e lavorare, moltissime si laureano e si dedicano all’insegnamento, alla medicina e al giornalismo e le famiglie fanno il possibile pur di farle studiare. Ovviamente ci sono ancora ampie sacche di arretratezza e miseria dove i loro diritti vengono calpestati e sopravvivono leggi, come il diritto ereditario, che le penalizzano. L’hijab è ancora imposto per legge, la loro parola in tribunale vale la metà di quella di un uomo, se divorziano e si risposano la custodia dei figli va al padre, se non abbienti sono sottoposti ai poteri spesso arbitrari della famiglia dei loro tutori.
È questo ad esempio che accade a una delle due protagoniste di Un mercoledì di maggio, Setareh, a cui la zia e il violento cugino negano il permesso di sposare l’uomo di cui è innamorata perché questi non è ricco e soprattutto non è in grado di presentarsi con i genitori e di fare “le cose come si deve”, secondo il dettato di rigide norme tradizionali considerate più importanti per il buon nome della famiglia, della felicità di lei. Disperata, la ragazza si sposa di nascosto ma quando è costretta a rivelarlo e cerca di farlo accettare viene picchiata, così come il marito, che rispondendo all’aggressione del cugino finisce in prigione. Per farlo uscire serve l’equivalente di diecimila dollari, una cifra enorme pretesa dalla parte lesa per ritirare la denuncia.
Un’altra donna, Leila, deve invece vedersela coi problemi del marito gravemente malato in seguito a un incidente e bisognoso di una costosa operazione e scopre per caso che l’uomo che potrebbe aiutarla è l’ex fidanzato di un tempo. È intorno a quest’ultimo, Jalal, e all’annuncio da lui pubblicato su un giornale del dono di diecimila dollari a colui o colei che dimostrerà di averne più bisogno, che si intrecciano le loro vite. Una folla enorme si presenta nell’elegante quartiere dove si svolge la selezione, scatenando l’ira dei residenti e l’attenzione della polizia.
La storia procede in modo non lineare e cronologico, come un puzzle – piuttosto semplice a dire il vero – che lo spettatore deve ricomporre per conoscerne premessa ed esito. La miseria e la disperazione di un paese in cui la ricchezza è appannaggio di pochissimi, come avviene anche in molte opulente democrazie occidentali, e l’ingiustizia sociale che espone la maggioranza della popolazione a ricatti, ritorsioni e soprusi, sono al centro del primo lungometraggio di finzione del regista Vahid Jalilvand, documentarista e attore (nel film è il marito malato).
È un cinema quasi neorealista il suo, il cui sincero intento di denuncia si risolve - un po’ goffamente - quando il benefattore spiega le sue motivazioni altruiste ma personali in un drammatico confronto con la moglie. Un mercoledì di maggio parla del bisogno di una persona sensibile di prendere posizione con un gesto eclatante ed estremo, che però è soltanto una goccia nel mare e non può sanare i danni prodotti dall’ingiustizia di un intero sistema sociale. Semmai la rende solo più evidente: come si fa a decidere obiettivamente qual è la situazione più disperata? Non a caso Jalal si affida alla sorte per farlo e il problema si risolve quando una delle due donne è costretta a rinunciare alla cifra messa a disposizione, sufficiente per una ma non per l’altra. Primo ad arrivare in sala dei film che compongono l’interessante e variegata retrospettiva sul nuovo cinema iraniano, voluta da una distribuzione intelligente e di qualità come Academy Two, Un mercoledì di maggio, premio Fipresci alla mostra del cinema di Venezia nel 2015, è forse il meno innovativo dei quattro ma apre uno spiraglio sulla situazione di un paese che ci appare più vicino di quanto pensassimo.

Fonte: comingsoon.it